Neuromarketing: 12 bias cognitivi funzionali per il tuo ecommerce

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Neuromarketing: 12 bias cognitivi funzionali per il tuo ecommerce

Ti sei mai chiesto da dove nascono la maggior parte delle tecniche di vendita e le strategie di pricing? Non si tratta di semplici trucchetti inventati dal nulla, piuttosto si basano sui principi del Neuromarketing che, facendo leva su meccanismi inconsci, spingono gli utenti all’acquisto o a compiere azioni specifiche, decise a priori. Questi meccanismi prendono il nome di bias cognitivi. Vediamo insieme cosa sono e come sfruttarli al meglio per orientare le decisioni di acquisto sul tuo e-commerce.

Cos’è il Neuromarketing

Il Neuromarketing è una branca del marketing che sfrutta i risultati delle neuroscienze e delle scienze comportamentali per influenzare le decisioni degli utenti facendo leva sulle loro emozioni inconsce e su particolari aspetti psicologici. In altre parole, ottimizza la pubblicità utilizzando la scienza per favorire i processi di acquisto o indurre gli utenti a compiere azioni specifiche. 
È uno strumento di grande importanza per gli e-commerce perché rende, in un certo qual modo, l’esperienza di acquisto “guidata”, coinvolgente e attrattiva.

Cosa sono i bias cognitivi

I bias cognitivi (o distorsioni cognitive) sono automatismi mentali o “errori” della nostra mente che influenzano il nostro giudizio e le nostre decisioni. In altre parole, dimostrano che i nostri comportamenti non sono razionali come vorremmo che fossero, perché vengono influenzati da convinzioni che nascono da un’interpretazione soggettiva della realtà. I bias, o pregiudizi, vengono definiti come schemi prevedibili di deviazioni dal ragionamento logico, “prevedibili” perché possono essere studiati e molti (circa 200) sono già alla nostra portata.

Possono essere suddivisi in quattro macro-aree, seguendo la classificazione di Buster Benson:

  • Troppa informazione: sono le strategie che il cervello mette in atto per selezionare velocemente le informazioni più importanti quando ce ne sono troppe a disposizione.
  • Poco significato: i metodi che il cervello utilizza per riempire il gap tra un’informazione e l’altra ripiegando su una serie di semplificazioni, come l’arrotondamento dei numeri, la ricostruzione di un ricordo non autentico nato da ricordi frammentati, fidarsi di qualcuno che non si conosce.
  • Poco tempo: il cervello tende ad evitare le informazioni che richiedono troppo tempo per essere elaborate. Il risultato è che diamo rilevanza soltanto a ciò che conferma il nostro modo di pensare, le nostre ipotesi e le nostre convinzioni, interpretando la realtà.
  • Poca memoria: il nostro cervello non è fatto per contenere molte informazioni in breve tempo. La codifica richiede tempo e risorse, motivo per cui tendiamo a ricordare dei dati ed a scartarne altri.

È possibile sfruttare lo studio di queste trappole comportamentali per trasformare dei semplici visitatori in clienti spingendoli a comportarsi come noi desideriamo. Tuttavia, riconoscere i bias cognitivi è di estrema importanza anche per i consumatori che, riconoscendoli, potranno essere più consapevoli delle proprie azioni ed eventuali decisioni di acquisto.

Questa sorta di “manipolazione” basata sui pregiudizi può essere applicata a qualsiasi ambito: può aiutarti a creare un logo perfetto per il tuo brand, ad ideare l’aspetto grafico più adatto al tuo e-commerce, ad incrementare le vendite, migliorare le tue campagne di sms marketing, fidelizzare i clienti, posizionare il tuo business adeguatamente e così via.

Vediamo insieme alcuni esempi di bias e come applicarli correttamente per orientare le decisioni di acquisto.

12 principali bias cognitivi funzionali per il tuo e-commerce

  1. Effetto alone: può verificarsi in diverse circostanze, una di queste è l’influencer marketing. Questo bias si verifica quando la percezione di alcuni tratti di un individuo ne influenza la valutazione anche in altri ambiti. È il caso, ad esempio, di quando conosciamo una persona particolarmente esperta in un determinato settore e diamo per scontato che la sua esperienza si estenda anche ad altri ambiti. Se vogliamo pubblicizzare un nostro prodotto/servizio, infatti, dovremo scegliere qualcuno che abbia un forte personal brand in modo da generare negli utenti ammirazione per la sua professionalità e spingerli a prendere esempio da questa persona.
  2. L’estetica del nemico: viene utilizzato quando, in pubblicità, si pongono in contrapposizione le persone che utilizzano il prodotto e quelle che preferiscono i competitor. In altre parole, ci si rifà alle narrazioni in cui c’è un cattivo che personifica tutti i lati negativi ed un eroe che deve sconfiggerlo. In questo caso il concetto di nemico diviene fondamentale per costituire l’identità dei gruppi. Per fare un esempio pratico, perché non pubblicizzare il tuo prodotto/servizio con un breve video in cui mostri le differenze con la concorrenza, che ti pongono in vantaggio stracciante?
  3. La riprova sociale: è uno strumento sempre più utilizzato negli ultimi anni che consiste nell’influenzare il pubblico utilizzando le opinioni di altre persone. Le recensioni, le opinioni dei clienti, se positive influenzano molto le decisioni di acquisto. Questo perché di natura tendiamo ad essere conformisti ed agire come la maggior parte del gruppo. Si stima infatti che il 91% delle persone si lasci convincere dalle recensioni online. Quindi inserire, ad esempio, uno spazio dedicato alle recensioni nelle schede prodotto è un ottimo incentivo all’acquisto.
  4. Bias dell’ingroup: assimilabile a quello della riprova sociale, il bias dell’ingroup consiste nel prendere decisioni uguali ad un gruppo di persone che riteniamo simile a noi. Il gruppo può essere determinato da età, sesso, interessi. Nel marketing questo bias viene molto utilizzato, soprattutto sui social, per spingere le persone ad acquistare, affidandosi all’opinione di chi ritengono simile a sé.
  5. Ancoraggio o priming: l’effetto priming si verifica quando l’esposizione a uno stimolo influenza l’elaborazione, la percezione e la risposta a quelli immediatamente successivi. Il cervello si aggrappa quindi alla prima informazione ricevuta per valutare tutte le altre. Un utilizzo nel marketing di questo concetto è il comparatore di prezzi: se dobbiamo acquistare un prodotto/servizio, la prima versione che incontriamo sarà l’indice di un “valore” minimo che esso possiede. La comparazione che ne consegue ci porrà di fronte a tre fasce di prezzo: alta, media, bassa. La decisione di acquisto viene influenzata molto dall’effetto ancoraggio che, tendenzialmente, spinge gli utenti ad acquistare il prodotto/servizio di fascia di prezzo media.
  6. Bias di scarsità: il nostro cervello tende a desiderare maggiormente ciò che è disponibile per un periodo limitato. È un bias cognitivo fondato sulla paura che riesce ad avere un’influenza fortissima sulla decisione di acquisto: la paura di perdere qualcosa di cui potremmo aver bisogno, o di perdere un’offerta molto conveniente, ci fanno ritenere indispensabili prodotti/servizi. “Le persone sembrano più motivate ad agire dal timore di una perdita che dalla speranza di un guadagno di pari entità”, citando Robert Cialdini. Per questo, il bias di scarsità è una delle leve di marketing più potenti.
  7. Framing: “frame” significa “cornice”. Questo bias si verifica quando il nostro cervello giudica le informazioni a seconda della cornice che le circonda. È molto simile all’ancoraggio: nel caso di un e-commerce, se abbiamo tre modelli di uno stesso prodotto con tre prezzi diversi, alto, medio e basso, saremo molto più propensi ad acquistare quello dal prezzo intermedio. Acquisteremo, quindi, il prodotto centrale nella cornice.
  8. Bias di conferma: il nostro cervello tende a selezionare ed accettare soprattutto le informazioni che confermano le nostre ipotesi o le nostre convinzioni. Lo vediamo particolarmente sui social: gli appassionati di politica seguiranno soprattutto pagine che confermano il loro pensiero. In ambito e-commerce questo bias è applicabile selezionando dei valori da esprimere con fermezza, in modo da consentire alle persone di riconoscersi in essi. Ad esempio, l’attenzione all’ambiente con l’utilizzo di un packaging plastic-free, la promozione di formule o alimenti vegani, e così via.
  9. Bias di salienza: si tratta di un bias che si verifica quando il nostro cervello altera le informazioni basandosi su di una in particolare che ritiene più “saliente” rispetto alle altre. Abbiamo la tendenza ad esprimere giudizi, arrivare a conclusioni considerando solo ciò che più ci colpisce. Nella comunicazione questo elemento è evidente quando, ad esempio, sentiamo parlare al telegiornale di episodi di violenza nel nostro quartiere e ci sentiamo meno sicuri ad uscire di casa, nonostante la pericolosità sia la stessa del giorno precedente. Nel marketing questo aspetto viene sfruttato molto dai brand che scelgono una caratteristica saliente da inserire nel logo, in modo che rimanga impressa nella mente degli utenti, o nella creazione di contenuti testuali come le newsletter, utilizzando frasi d’impatto che possano condizionare il contesto.
  10. Bias delle fette sottili: questo nome nasce dal libro “In un batter di ciglia” di Malcolm Gladwell, in cui l’autore racconta come le persone prendano decisioni apparentemente assurde sulla base di informazioni limitate. Il nostro cervello primitivo agisce d’impulso facendoci compiere scelte “in un batter di ciglia”, per l’appunto, mentre il cervello razionale rimane in stallo. È il caso di quando compriamo aggeggi dalla dubbia utilità solo per aver visto un video su TikTok dove li vediamo in azione per pochi secondi.
  11. Bias del costo zero: preferiamo sempre le opzioni gratuite rispetto a quelle a pagamento. È il caso della spedizione: la maggior parte degli utenti preferisce pagare di più un prodotto piuttosto che scegliere l’opzione di consegna a pagamento. Questa scelta nasce dal cervello primitivo che, impulsivamente, elimina l’obiezione del surplus di prezzo condizionando l’acquisto.
  12. Bias della molteplicità delle opzioni: paradossalmente, offrire un numero di opzioni limitato risulta più funzionale. Questo perché il nostro cervello finge di avere la necessità di disporre di un numero maggiore di opzioni, ma in realtà non vogliamo dover affrontare la difficoltà di scelta tra tante possibilità. Un messaggio persuasivo, per essere efficace, deve offrire poche possibilità di scelta.

Conclusioni

Comprendere i meccanismi che generano errori di valutazione nel cervello umano è senza dubbio molto interessante. Tuttavia è doverosa una precisazione: l’utilizzo di qualsiasi forma di attività persuasiva va accompagnata da una promessa di fondo verso il cliente che deve essere mantenuta. È vero che i bias cognitivi sono degli elementi fondamentali che possono fare la differenza nella strategia di marketing, ma devono essere solo dei mezzi che semplifichino la diffusione dei valori in cui crediamo, quelli che danno vita al nostro brand.

Autore

  • Martina Italiano

    Martina è content editor del magazine di Ecommerce HUB. Laureata in Lingue all'Università degli Studi di Napoli Federico II, ha un master in E-Commerce Management all'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa. Si occupa di Digital Marketing e di E-Commerce nel settore farmaceutico. È appassionata di dati e di neurocopywriting. Ama mettere le mani in pasta e cimentarsi in esperienze sempre nuove.

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