Consumer Confidence Index: la fiducia dei consumatori che detta la strategia

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Consumer Confidence Index: la fiducia dei consumatori che detta la strategia

Delineare la strategia del proprio ecommerce, spesso, richiede l’analisi di un numero di fattori molto elevato. Da un lato, potremmo dire, esistono fattori interni: sono quelli legati a condizioni proprie del business, come il costo di acquisto del prodotto, i costi di logistica e altri ancora. Altri, invece, sono esterni: si tratta cioè di fattori, indipendenti dal business, ma che lo influenzano, come tutti gli indicatori economici. Il Consumer Confidence Index, che potremmo tradurre come Indice del clima di fiducia dei consumatori, è certamente uno dei parametri che può essere tenuto in considerazione quando si costruisce la strategia di vendita online. In questo articolo capiremo che cos’è il CCI, perché è importante per la propria strategia e come possiamo integrarla in essa.

Strategie di ecommerce e Consumer Confidence Index

Prima di entrare nel dettaglio del Consumer Confidence Index è necessaria una precisazione. Tutte le strategie sono modelli previsionali suscettibili di un margine d’errore più o meno ampio. Come si dice in questi casi, però: piuttosto che niente, meglio piuttosto. Il CCI è, in questo senso, uno dei tanti parametri che si possono tenere in considerazione tra i tanti che esistono. La selezione dei parametri dipende dalle necessità del business e, ancor più, dalla capacità che abbiamo di trattare grandi moli di dati.

Consideriamo, per esempio, un ecommerce che vende tavole da surf: potrebbe essere utile tenere in considerazione dati che riguardano il moto ondoso, le condizioni meteorologiche, le fasi lunari dell’anno e così via. Più grande sarà la base dati e maggiore sarà la precisione (ma mai con certezza matematica) con cui potremmo prevedere il comportamento degli utenti in presenza di determinati fenomeni. Se però questo lavoro sottrae tempo ad altre attività e, in generale, diventa insostenibile, allora meglio considerare fattori di più semplice gestione, come le sole condizioni metereologiche.

Il Consumer Confidence è, in questo senso, un indice facilmente gestibile, trasversale perché può essere applicato pressoché a qualsiasi business, che, però, consente di fare valutazioni abbastanza approfondite. Se siete curiosi, è giunto il momento di vedere che cos’è il Consumer Confidence Index.

Che cos’è il Consumer Confidence Index

In qualche modo, finora, abbiamo visto perché è importante considerare, al pari di qualsiasi altro parametro, il Consumer Confidence Index. Probabilmente, però, alcuni non hanno ancora chiaro cosa esso sia. Come dice la definizione stessa, si tratta di un indice e nella fattispecie di un indice sintetico. In buona sostanza, con un semplice numero, esso comunica qual è il clima di fiducia generale dei consumatori rispetto al quadro economico. Proviamo a capire meglio.

Un generico consumatore, proprio come te, si trova dinanzi allo scaffale dei biscotti, al supermercato. Guarda la confezione di biscotti del brand celebre, quella con un mulino, e poi la confezione di biscotti generica. Ne confronta le caratteristiche, la scheda nutritiva, gli ingredienti, mentre nella filodiffusione dell’esercizio commerciale passa il giornale radio che annuncia il fallimento di una banca regionale statunitense e delle conseguenze economiche sui mercati europei. Quale sarà, al di là di ogni altra considerazione, la scelta del consumatore, sebbene ancora le conseguenze di quella situazione non si sono propagate sul proprio portafoglio?

definizione consumer confidence index

L’indice del clima di fiducia, in qualche modo, cerca di capire proprio questo: quanto il consumatore si “fida” del mercato e quanto è disposto a scommettere sul futuro. È intuitivo che tanto più è alto l’indice, tanto maggiore sarà la capacità di spesa dei consumatori e, viceversa, quanto più basso è il CCI e minore sarà la spesa. È chiaro che, anche investendo budget molto elevati in advertising, difficilmente si otterranno risultati significativi se la fiducia dei consumatori è bassa. L’unico risultato, semmai, sarà quello di alzare il costo di acquisizione.

Trattandosi di un’analisi qualitativa e, quindi, non quantitativa, non ha lo stesso “potere” delle indagini statistiche. Tuttavia, consentono di avere una fotografia abbastanza precisa del sistema economico su cui, chiaramente, si basa qualsiasi business. L’indagine, infatti, si basa su un questionario, peraltro armonizzato a livello europeo, che viene somministrato nei primi 12 giorni del mese su un campione di circa 2.000 persone. Tra le domande a cui vengono sottoposti gli intervistati vi sono valutazioni e aspettative sulla situazione economica nazionale, sulla disoccupazione, intenzioni di acquisto relative ad autoveicoli o abitazioni, ecc. Gli intervistati possono rispondere con risposte predeterminate: molto basso, basso, stazionario, alto e molto alto. La media aritmetica, riportata in base 2010=100 e destagionalizzato, fornisce l’indice finale.

Come integrare il CCI alla strategia ecommerce

Come visto, è possibile trarre dei vantaggi oggettivi dal CCI se integrato nella propria strategia di vendita online. Ma com’è possibile utilizzare questo indice per delineare le azioni da intraprendere?

Un buon inizio è il confronto dei dati storici, sia del Consumer Confidence Index che di vendita del nostro ecommerce, per capire se esiste una correlazione tra il nostro business e questo parametro. Se non abbiamo dati specifici, perché magari l’ecommerce non ha storico, possiamo utilizzare i dati di settore: questo confronto, in realtà, possiamo farlo in ogni caso perché ci consente anche di analizzare eventuali punti di forza/debolezza del nostro business.

Con un semplice foglio di calcolo, sarà sufficiente inserire i dati dell’indice, che possono essere presi dal sito dell’Istat. Qui, oltre a poter decidere la finestra temporale che si desidera prendere in esame, è anche possibile scegliere l’area geografica: Italia, oppure aree geografiche ristrette. Accanto ad essi, poi, occorrerà inserire i dati di vendita del mese di riferimento. Adoperando una finestra temporale sufficientemente ampia (12 mesi almeno, meglio 24 mesi) sarà subito possibile verificare se esistono delle correlazioni. In caso affermativo, potremo iniziare a fare strategia tenendo conto della tendenza registrata.

Uno degli svantaggi di questo indice, infatti, è che fa riferimento al mese precedente. Non sapremo se nel mese in corso la fiducia del consumatore sarà positiva oppure no, sino a quando il mese non sarà concluso. Sfruttando la storicità e osservando la tendenza, però, potremo avere delle indicazioni di massima per capire se è il momento giusto per investire oppure no.

Siamo giunti alla fine. Vale la pena precisare ancora una volta che si tratta di uno dei tanti modi per capire se è il momento giusto per investire oppure no. Certamente, sarebbe sufficiente aprire una qualsiasi giornale per capire che determinati eventi influiscono negativamente sul grado di fiducia dei consumatori. L’errore legato a questo genere di strategia, però, è quello di farsi influenzare, in un senso o nell’altro, da eventi che, magari, non hanno reali riflessi sulla società o sul business di cui si occupa il proprio ecommerce.

Autore

  • Marco Di Bello

    Dal 2015 sono il Responsabile dell'Ufficio Stampa di Ecommerce HUB. In questo ruolo mi occupo di coordinare tutte le attività di PR con la stampa e di promuovere l'immagine dell'evento attraverso interviste, dirette e altri contenuti.